Facebook: Eduardo Saverin non sarà più americano

Il Co-fondatore di Facebook, Eduardo Saverin, ha rinunciato alla cittadinanza americana.
Il brasiliano, che fino al 2010 pare potesse contare sul 5% circa di Facebook ( c’è tutt’ora un accordo di riservatezza a proposito ndr ), aveva ottenuto la cittadinanza americana nel 1998 e vive a Singapore dal 2009.

Saverin ha venduto alcune quote di partecipazione di FB ed infatti non è elencato tra coloro che dispongono del 5% o più in fase di registrazione per la discesa in campo del Social Network sul listino IPO.

La scelta può essere vista come puramente fiscale, poichè gli Stati Uniti richiedono il pagamento delle tasse a prescindere da quale sia il tuo paese di residenza, è sufficiente che tu abbia la cittadinanza e riceva emolumenti da una ditta con sede, appunto, negli USA.

Il suo addetto stampa ha dichiarato che la scelta di rinunciare alla cittadinanza non ha nulla a che fare con il discorso Borsa-Facebook e che risalga, anzi, a molti mesi fa, avendo deciso di stabilirsi definitivamente a Singapore.

Certamente, se il film “The Social Network” racconta anche solo parzialmente la verità, chiunque farebbe a gara per incassare e fuggire da qualsiasi rapporto di lavoro / amicizia con Mr. Zuckerberg.

Perchè realizzare un videotutorial

La nostra idea di realizzare dei videotutorial, spiegando visivamente cosa e come fare le cose, nasce proprio dalla nostra stessa necessità di apprendere alcuni linguaggi, alcuni applicativi: seguire dei videotutorial ben fatti, dove passo passo vengono spiegate le dinamiche causa-effetto, accelera enormemente la curva di apprendimento.

Prendiamo, ad esempio, due linguaggi come jQuery e Sencha.
Il primo ha una curva di apprendimento piuttosto dolce, riuscire a realizzare qualche script carino in jQuery sin dalle prime battute non è cosa difficile.
Discorso ben diverso è quello relativo a Sencha, dove la curva di apprendimento è estremamente ripida ( a detta anche degli stessi moderato del forum di assistenza di Sencha ).

Un video ben fatto, con una buona spiegazione di come e cosa fare e, soprattutto, i passaggi fondamentali da seguire, riteniamo sia un materiale formativo molto prezioso.

Perchè metterli gratis sul sito?
Per dare a tutti la possibilità di imparare, conoscere, senza necessariamente sbattere la testa come dei muli, intestardendosi inutilmente su dei manuali troppo complicati o mal fatti.
Il futuro ci dirà se questa è una scelta che paga o meno.

Chiaramente cerchiamo collaboratori in questa mia avventura. Se siete dei draghi in qualsiasi linguaggio, in qualunque applicazione, fatemelo sapere, saremo ben contenti di condividere gli spazi di Oneblackcat.it con voi.

Adobe Creative Cloud: recensione

Adobe Creative Cloud
Vi postiamo qualche schermata del Cloud di Adobe, che ha, dalla versione CS6, fornito ai propri clienti questo nuovo sistema di licenza, che permette, a fronte di una spesa mensile, di usufruire di tutti gli applicativi, sia desktop che mobile, della software house californiana.

Appena effettuato il login, la schermata si presenta così:

Cliccando in alto su Applicazione e Servizi, si accede all’elenco degli applicativi installabili in locale sui PC/MAC dell’utente.
Chiariamo, poichè le spiegazioni in merito da parte di Adobe non sono di primo acchito chiarissime, che Creative Cloud permette l’utilizzo di tutti i software Adobe e di uno spazio web da 2gb espandibile: ogni applicazione sarà poi scaricabile in locale, installabile ed utilizzabile senza alcun bisogno di linea internet disponibile.

Adobe Dreamweaver CS6
Ci sono alcune succose novità per quanto riguarda Dreamweaver.
La prima è quella di poter creare, con un semplice click, un layout fluid grid style ( o tradotto in italiano, Layout a griglia fluida ): attraverso l’utilizzo delle colonne di riferimento poste sul background, è possibile indicare al CSS quale layout avrà nelle 3 configurazion principali: smartphone, tablet e desktop.

Dreamweaver andrà, sulla base delle vostre indicazioni, a generare un CSS utilizzando le media query, ossia indicando quale grafica dovrà avere ogni singolo elemento nelle visualizzazioni diverse. Questa tecnica è alla base del responsive design, ossia il realizzare una grafica che sia “responsiva” del device che si sta utilizzando: avremo quindi una grafica diversa ma controllata a seconda che si stia navigando con un PC fisso, un tablet oppure uno smartphone, lavorando sulla dimensione in pixel della laghezza della finestra.

Accanto alla possibilità di lavorare in maniera automatica ( ma fino ad un certo punto ) con le fluid grid, c’è l’integrazione con jQuery Mobile e Phonegap, progetto open source acquisito proprio da Adobe. Si potrà, con pochi click e previa registrazione ai servizi online di Phonegap, esportare il proprio progetto mobile in vari formati contemporaneamente ( iOs, Android, Blackberry, WebOS e Symbian ).

 

Manipolare i propri sogni con una app come in Inception. Che ne pensate?

Un certo Daniel Nadler, studente alla Harvard University, sta cercando di portare la realtà immaginata in un film veramente surreale, Inception, nella vita di tutti i giorni, e più precisamente in un app per iPhone.

Una app che elabora ed influenza i sogni non può che chiamarsi Sigmund [link].
Quello che c’è dietro questa app è qualcosa di particolare: dopo aver selezionato da una a cinque parole chiave da una lista di 1000 keywords ( in inglese, che vi credevate…), una suadente voce femminile ve le ripeterà  durante la fase più profonda del vostro sonno, quello REM, dove pare risiedano i sogni più vivi e coinvolgenti.

Secondo uno studio condotto dietro l’utilizzo di questa app, pare che un 40% del campione abbia affermato di essere stato suggestionato.
Il 23enne Nadler ha affermato che quello che succede in un cervello addormentato non può essere ricordato completamente, quindi la percentuale può essere ancora più alta.

Il bello della app è che non è necessario andare a dormire già con il suono della voce, ma semplicemente si comunica al software quale sia l’orario in cui ci si è coricati e lei fa il resto. Bella forza, pensare di andare a dormire con una voce robotica inglese che mi parla nelle orecchie non è che mi ispiri molta fiducia.

Nella lista delle parole chiave della app ci sono parole come “montagna“, “anaconda“, “panda“: tutti riferimenti a possibili soggetti di un sogno più o meno piacevole, pauroso o rilassante. Ci sono anche parole più osè come sesso, harem, battaglia e esercito.
Speriamo che non ci siano bachi di sistema che portano a sognare binomi come anaconda e sesso assieme: il risultato potrebbe essere … pericoloso.

Immaginate se un vostro amico usasse questa app: non sarebbe male inserirgli per scherzo la parola IMU e testare il giorno dopo l’umore generale. Non vedete l’ora, vero?

Intervista a Benedetto Motisi, SEO Specialist e blogger

Pochi giorni fa mi sono recato a Roma per assistere ad un convegno, il SEO Training, organizzato dalla DEA Marketing Srl.

Benedetto Motisi, un vero SEO Jedi @benedettomotisi

Il mio obiettivo era fare un po’ di chiarezza mentale sul mondo SEO, SERP eccetera. Prima di diventare completamente cretino sui forum, cercando di capire come e dove muoversi, ho preferito farmi attirare dal banner presente su Facebook e ho deciso di acquistare la partecipazione, appunto, al convegno.

L’idea si è rivelata azzeccata, perchè tutto è stato studiato per essere coinvolgente e formativo, ma mai pensate o noioso ( e non è una cosa così scontata).
Tutti i relatori, per un verso o per l’altro, sono stati all’altezza di tenere uno speech più o meno lungo.

Uno degli organizzatori, Benedetto Motisi, ha accettato di rispondere ad alcune mie domande riguardanti proprio quell’esperienza e sul SEO in generale.
Lascio alle sue parole la presentazione di chi è e quale è il suo posto in questo mondo SEO.

blackcat
” Ciao Benedetto ”

@benedettomotisi
” Ciao Alessandro e a tutti gli utenti del Gatto Nero (che nome fico) !
Innanzitutto mille grazie di questa possibilità. E ora, get ready! ”

blackcat
“Parlaci un po’ di te, le tue basi, cosa ti ha spinto a diventare cosa sei ora, dove lavori e la tua mansione”

@benedettomotisi
” Se per “cosa sei ora” intendi un nerdaccio bisogna partire da “far,far, away” (cit.) , limitiamoci alla sfera professionale 😉

Le mie basi poggiano sul mondo editoriale, ho lavorato in redazioni online-o-quasi nel senso che stavano progettando il loro salto in Rete, o vi erano da poco, e mi ci sono sempre ritrovato in mezzo. Sono passato definitivamente all’online entrando a far parte del team redazionale di uno dei portali storici italiani dell’ICT. Lì è scoccata la primissima scintilla SEO.

Ma il grande salto è avvenuto grazie alla prima edizione del SEO Training come corsista. Dopo un’altra parentesi, ci siamo re-incontrati con la crew DEA Marketing S.r.l. ed adesso eccoci qua, coordinatore dello stesso corso e totally-SEO della società organizzatrice, la DEA per l’appunto 🙂 ”

blackcat
” Dicevamo che ci siamo conosciuti al SEO Training.
Quale è il significato, l’obiettivo di fondo del SEO Training? ”

@benedettomotisi
” Seguiamo l’adagio italiano del “se non sai fare, insegna”. Scherzo!
In questi giorni mi capita di leggere tweet simili, che se un SEO fa un corso, vuol dire che non riesce a campare di clienti. Beh, noi siamo abbastanza matti da fare entrambi, matti nel senso che è un periodo florido, nonostante la crisi, ma non vogliamo abbandonare la sfera di formazione-aggiornamento perché… impariamo anche noi.

O almeno, se posso parlare a titolo personale, in tutte le edizioni del SEO Training anch’io ho avuto sempre da imparare. E ho conosciuto un sacco di belle persone dalle quali poi possono nascere collaborazioni, scambi e occasioni come questa.

A maggior ragione il lavoro di tutti i giorni ci è di ispirazione ogni giorno per casi studio reali, concreti, basati su smadonnamenti di 365 giorni l’anno 😀 Se non fossimo così pieni non faremmo i corsi. Su che dati ci dovremmo basare?

Allora, ribaltiamo il detto con “sappiamo fare, quindi voglio farti vedere la mia esperienza”. Insegnare è un termine con un rapporto 1-0 e come avrai visto anche tu ci piace pareggiare questo rapporto a 1-1, anche solo facendo network.

IMHO l’anima di fondo è “unplugged”: siamo 2.0, diavolo, se iniziamo a istituzionalizzarci nella formazione, nella raison d’être, ci trasformiamo in grigi burocrati del Web. Freddo. ”

blackcat
” Beh, ringrazio che ci siano SEO che decidono di condividere le loro conoscenze!
Quali sono stati i feedback ricevuti, comprendendo nel discorso anche il SEO Training dell’anno scorso? ”

@benedettomotisi
” Il sunto dei feedback ricevuti quest’anno è “non perdete il focus sulla SEO”.

Forse l’anno scorso dividendo nettamente le due giornate fra “attrarre traffico” (SEO pura) e “monetizzare il traffico” (incursioni SEM/affiliazioni) la contaminazione è stata meno evidente ma quest’anno ci è stato fatto capire, IMHO, come la SEO non è affatto morta e anzi c’è una fame di ottimizzazione senza fronzoli. Molto hard n’heavy.

Sono contento poi quando viene premiata la scelta di invitare giovani esperti e non le solite facce. ”

blackcat
” Quale pensi sia il tuo livello come esperto SEO? ”

@benedettomotisi
” Su una scala da uno a Goku… mi va bene Crilin. Però con i capelli 😀 ”

blackcat
” Ma…il SEO…non ho ancora ben capito…è morto o no ? ”

@benedettomotisi
” Yep, il 27 Aprile era un casting per “The Walking Dead” , non te ne sei reso conto 😉 ?

Non è morto ciò che si può evolvere! E poi, come ti dicevo prima, i feedback mi hanno confermato questa impressione. ”

blackcat
” Riferendosi ad un pubblico che non è assolutamente esperto di SEO, ma magari mastica molto bene dal lato tecnico, quale pensi sia, se c’è, la ricetta magica per far partire al meglio il proprio sito sulle SERP ( Search Engine Result Pages ndr ) ? ”

@benedettomotisi
” Le ricette magiche sono roba da Topolino Apprendista Stregone (e da infoprodotti con le Landing Page tutte uguali).

IMHO iniziare già a pensare e agire in modo SEO prima ancora che il proprio sito sia stato realizzato è un grosso passo avanti, perché da quel momento in poi si tratta di manovre correttive che, seppur risulteranno efficaci, vi avranno fatto fare due volte il lavoro.

E poi, analisi, analisi, analisi costante. Realizzare contenuti che guardino fin da subito agli utenti e al motore di ricerca. Fare meglio e di più di chi ci sta davanti in SERP, specialmente nei punti dove i competitor sono più deboli.

Insomma, buon senso e tutte quelle belle cose che dice Matt Cutts. Cioè che dice lui, non che interpretano i divini oracoli di Delfi che poi diventa tutta un’altra cosa. ”

blackcat
” Quali pensi siano, invece, i veri buchi neri da evitare assolutamente nel proprio sito / sito del proprio cliente? ”

@benedettomotisi
” Fare i faciloni e dare tutto per scontato oppure fare i sofisticati e non fare capire una mazza agli utenti.

Nel primo caso, testi poco approfonditi, template gratis che poi dentro c’è la magagna, buttare lì un progetto perché “tanto basta che ci sei” non funziona. Non paga né nei confronti degli utenti, né del motore di ricerca.

Nel secondo caso, magari fai tutto perfetto lato SEO, hai una macchina da guerra onpage e un’ottima Link Building grazie a reti di supporto ma l’utente viene e non capisce dove cavolo è finito. E’ un problema più di copy, forse, ma sbagliare target (e per la SEO pura, parole chiave) è buttare tempo all’aria.

Questa è una cosa più di concetto, lato tecnico c’è un mondo in bianco e nero di best e worst practice. ”

blackcat
” Giudizio al volo su Google Penguin. ”

@benedettomotisi
” Lo stiamo studiando giusto in questi giorni, in vista del webinar SEO gratis che faremo il 24 maggio. Ti posso anticipare che finora ha colpito solo il sito di un cliente, a causa di una LB un po’ troppo e un po’ tanto sporca (ehi, io sono Jedi, non c’entro con questa roba Black!).

Insomma, possiamo stare qua a spaccare il capello ma IMHO la direzione dei Panda e Pinguini è sempre quella: l’Arca della Salvezza del Buon SenSEO prima del Diluvio universale delle penalizzazioni. ”

blackcat
” Benedetto, ti ringraziamo molto per esserti prestato a queste divagazioni sul tema SEO e dintorni ”

@benedettomotisi
” Grazie a te e ai “gatti neri” per la pazienza di aver letto fin qui, davvero. Ce ne vuole di pelo sullo stomaco, ma magari sputatelo dopo! (esperienza con un gatto di 3 anni :D) “